L’emancipazione dei lavoratori sarà opera dei lavoratori stessi. O non sarà …
Ovvero: RELAZIONE PRINCIPALE DELl’ASSEMBLEA OPERAIA SVOLTAI A MODENA IL 6 APRILE 2013
Abbiamo istituito questa assemblea operaia con queste caratteristiche, operai di alcune concentrazioni tra le piu’ significative, Fiat e Coop, e militanti sostenitori, non solo per fare il punto della situazione come sfruttati, come operai, ci siamo riuniti per illustrarci e tentare di dare soluzione a vasti problemi teorico-pratici perche’ “non abbiamo bisogno che qualcuno ci guardi il culo“, che ci racconti la nostra triste esistenza di operai sottomessi al capitale, ma iniziamo da noi stessi a ribellarci a questa sottomissione. Dunque non si tratta di un assemblea sindacale, di “coordinamento“, ma e’ una riunione tra operai combattivi che cominciano a darsi “una linea di condotta“, una indipendenza pratico-teorica dalle altre classi sociali nella crisi, dai padroni e da tutte le sue articolazioni sindacali e politiche. Una indipendenza teorico-pratica che inizia dunque ad essere anche organizzativa, perché stanchi di dare forza a raggruppamenti politici e sindacali, dove gli operai, realmente, non contano un fico secco. Certo partiamo da noi stessi da dove dovremmo partire? Lanciamo un guanto di sfida a quelli che vorrebbero “tutelarci ma non lo possono fare” nel momento che iniziamo a imparare a farlo da soli. Va da sè che il nostro lavoro come nella “dinamica” delle cose della vita, muove un’inerzia, un’abitudine, e una rassegnazione che è dura da scrollare, siamo ben coscienti che i ragionamenti qui esposti sono solo abbozzati e sono passibili di modifiche, integrazioni, migliorie, critiche, che naturalmente verranno sia dal dibattito operaio che qui sviluppiamo, che all’esterno, e siamo ben disposti al confronto onesto e leale delle idee, ciò che non vorremmo sono le distorsioni, i fraintendimenti, di chiunque ci voglia portare da un altra strada dal percorso principale che abbiamo individuato nell’accenno iniziale. Spesso vediamo che gli operai stessi non hanno (né piena, né relativa) coscienza della propria forza, osserviamo che non è frutto del caso, la borghesia da sempre non rilascia agli operai nessun mezzo né strumento, così e’ nella vita concreta individuale dell’operaio, cosi’ tanto di piu’ quando l’operaio partecipa a processi collettivi, politici, sociali, culturali.
Quando gli operai entrano in lotta, in scioperi veri, in azioni decise e determinate, oltre a farsi da parte tanti “amici” che in epoca di relativa calma erano appiccicati, gli operai “riscoprono” questa “coscienza” che non e’ altro che il deposito riflesso nel pensiero degli operai oggi, di generazioni precedenti che hanno lottato accanitamente. Questa riscoperta di coscienza degli operai come classe e’ stata il punto di svolta ad esempio nella lotta dei facchini nella logistica; operai di diversi paesi concentrati e divisi dal padrone per orientamento e nazionalità si sono trovati uniti contro lo sfruttamento dei padroni cooperativi e lo stato coi suoi manganelli, e hanno tratto una linea divisoria tra sfruttati e sfruttatori- non dal colore della loro pelle o orientamento culturale “acquisito” fino al momento che erano stati tenuti buoni a soffrire.
Gli operai dunque riscoprendo questa coscienza – che non è nazionale ma Internazionale – ottengono con la lotta accanita anche risultati parziali, nella crisi, e si affinano le armi … entrano in lotta nuove generazioni di operai che vivono lo sfruttamento intensivo dell’oggi, riscoprendo la lotta di classe, questo e’ l’avanzamento reale di ogni battaglia vinta o persa. Quando gli operai, anche in pochi, giungono a questo stadio, si trovano in loro dei combattenti formidabili e tenaci, nonostante tutto giochi a loro sfavore; in quanto non c’e’ nessuna istruzione, non gli viene data, l’operaio poi viene abituato a una delega ferrea, nella vita, nel lavoro, nelle cose che lo riguardano, poco pane e molta autorita’ su di lui. D’altronde l’operaio effettivamente è classe esecutrice, e’ abituato a lavorare manualmente, a prendere ordini a non darli, ad essere all’ultimo gradino nella scala sociale del “lavoro“. E costretto a lavorare incessantemente e produttivamente in cambio di un salario per ingrossare i profitti dei padroni, cosa ben differente dallo svolgere “una funzione sociale“, quale possiede in se’ un medico, un professore, un giudice, un avvocato, un poliziotto, un prete. L’operaio è realmente e totalmente spossessato, espropriato, quindi alienato dai “mezzi del proprio lavoro“, da qui muoviamo i primi passi della nostra lotta.
L’operaio che pensa con la propria testa in una fabbrica grande e piccola diventa immediatamente un problema per il padrone e i suoi servi. Se poi questo operaio in coalizione con gli operai (del suo reparto, della sua fabbrica, della sua comunita’) lotta per i propri interessi, spezzando la concorrenza del padrone, ecco che questo problema si trasforma in un nemico pubblico da licenziare e se questi resiste all’ occorrenza da schiacciare, senza riguardo e celermente; è quello che abbiamo visto in tutte le lotte operaie serie in un secolo e mezzo dall’avvento dal capitale. Non sono forse stati schiacciati con la forza, per poi corromperne i capi, i movimenti operai che hanno messo in discussione lo stato delle cose eccetto quelli che per breve periodo elevandosi e trasformandosi in partiti politici hanno preso le redini del potere in alcuni paesi attraverso i consigli operai, i soviet, spezzando la macchina statale dei padroni, come nel 17 in Russia, dalla comune di Parigi in poi?.
PERCHE’ DIFENDERE I LICENZIATI POLITICI NELLE FABBRICHE?
In continuità con quanto abbiamo detto sopra, arriviamo qui all’importanza “strategica” di difendere gli operai che sono licenziati politici nelle fabbriche, quelli reali naturalmente non quelli che chiedono la “reintegra” in parlamento.
Importanza strategica che sara’ sempre piu’ evidente man mano che entreremo maggiormente nella crisi sistemica del capitale, e dunque ci saranno tanti piu’ “casi” e tanto piu’ “chiari” i perche’ piu’ profondi di queste manovre.
Dunque dicevamo: sostenerli e difenderli col sostegno e la solidarieta’ piu’ vasta possibile tra gli operai dovrebbe essere l’abc per qualsiasi forza che si dichiara di classe, ma nella realtà, ed e’ lampante, non e’ cosi’; in base alle parrocchie politiche ognuno tende a difendere i suoi, se ne hanno, questo non e’ solo settarismo verso i licenziati, ma è settarismo verso gli interessi operai complessivi. Difendere i licenziati politici non significa per nulla difendere le loro idee o convinzioni individuali o meno, ma l’influenza positiva di emancipazione che comunque portano nel seno della classe, nel grosso della classe, e particolarmente tra gli strati bassi degli operai.
Troppe volte abbiamo visto tutti i soggetti politici e sindacali oggi esistenti, estremi o moderati che siano, dimenticarsene bellamente, e questo è di fatto indice dello stato confusionale che alberga nel movimento operaio oggi, e va detto, nelle sue espressioni.
Anche da qui si misura la nostra Assemblea Operaia, abbiamo costituenti in questa assemblea, operai licenziati politici e li abbiamo chiamati in causa a redarre questa relazione.
Riportare in fabbrica con una lotta dal basso questi operai, al piu’ presto, significa nella maggioranza degli operai (di queste concentrazioni operaie ma non solo) difendere se stessi, nella lotta al padrone, nella crisi, Ottenere risultati positivi in questo senso acquista un valore piu’ grande della reintegra formale, è un avanzamento in forza, potenza, quindi politico, per tutta la classe.
E I SINDACATI?
I sindacati di ogni sigla nati per trattare la compra-vendita degli operai al meglio, nella crisi, sono indotti ad essere sempre piu’ corporativi, sindacati aziendali a favore del profitto, non possono in realtà date le condizioni difendere nessuno se non se stessi, e dunque non difendono gli operai, i licenziati politici, come non difendono il salario e la sicurezza sul posto di lavoro che infatti stanno prendendo la via dell’abisso. Inoltre i sindacati non lo fanno perchè gli operai, licenziati perche’ lottano, cioe’ politici, mettono in contraddizione la stessa politica dei sindacati, esulano, tracimano, criticano coi fatti in fabbrica e fuori, la stessa lotta sindacale pseudo-democratica, in definitiva nulla e nullificante…questi operai organizzano apertamente gli altri operai a combattere il sistema di sfruttamento qui ed ora, il sistema di oppressione, sostengono giustamente la liberazione dal lavoro salariato degli operai, premessa della liberazione per tutte le classi sotto al capitale, e non viceversa. Questi operai sono fautori e promotori di battaglie che tendono a fuoriuscire dalla gabbia delle compatibilità, che nella crisi significa solo miseria e silenzio per gli operai, quindi mostrano come queste battaglie in fabbrica, con un padrone incattivito dalla perdita dei suoi saggi di profitto, devono essere fatte in un certo modo, come sia necessaria un organizzazione degli operai tale da andare a colpire seriamente i padroni, materialmente, nella produzione e distribuzione della montagna di merci prodotta da gli schiavi salariati, in sintesi sono “trasmettitori” di una conoscenza accumulata in anni sotto padrone, anni che per loro sono stati di battaglia e di scontro e non di compromesso e corruzione. Imparano dalla dura lotta di classe mettendo a frutto sconfitte e vittorie di fase. Per questa Assemblea dunque, la difesa di siffatti Licenziati operai va imposta alla grande come priorita’ negli stabilimenti, Fiat o non Fiat, come priorita’ degli interessi degli operai, perche’ nella crisi, o gli operai si riunificano in una precisa coscienza sovvertitrice che muove dai fatti e non da sogni dottrinari, o continuerà l’abbruttimento fisico e mentale della nostra classe. O ci decidiamo di mettere in campo la forza degli operai con comportamenti collettivi che mettono “alla berlina” la ristrutturazione capitalistica, economica e di potere all’interno, e la ripresa dell’aggressività imperialistica all’esterno da parte di queste multinazionali dentro i paesi piu’ forti dell’occidente, o non sarà data neanche la difesa meramente sindacale, come si puo’ già vedere in pratica col Modello-Marchionne che non distrugge solo la Fiom o i Cobas, ma l’idea stessa di difesa delle condizioni immediate della classe sfruttata dentro agli stabilimenti, la possibilità di sciopero stessa, e questo che si espande ovunque come un “canchero” per gli operai, ma come un “elisir” di lunga vita per i borghesi, per allungare la vita, cioe’ lo sfruttamento nell’interesse dei padroni. Dunque o si inizia questo processo che non ha altro sbocco se non in una rivoluzione operaia o una ferrea schiavitu’ aspetta larghe masse degli operai.
QUALE CENTRALITA’ DEGLI OPERAI NELLA CRISI DEL SISTEMA?
La centralità degli operai come forza, fattore indispensabile per abbattere il capitalismo, non la si trova nella risposta immediata del giorno per giorno, o nelle scadenze di lotta, la centralità degli operai necessariamente e’ quindi scelta storica generale, una questione basilare per chiarirci e portarci avanti. Centralita’ come scelta storica complessiva rispetto al quale siamo come operai immersi; E’ una Lotta politica per l’indipendenza degli operai dalle altre classi sociali, tanto piu’ nella crisi del sistema capitalistico, una crisi nel quale altre classi sociali vorrebbero portarci a rivendicare piu’ lavoro e piu’ stato. Ma quale Lavoro e quale Stato. Vogliamo L’Emancipazione completa da “questo lavoro maledetto da 3 denari abbruttente in schiavitu’ “- Vogliamo abbattere chi garantisce questo “status” funzionale ai padroni, questo strumento di oppressione di una classe, i padroni, sull’ altra gli operai, quindi lo stato (democratico o dittatoriale), per guadagnarci un meccanismo sociale totalmente diverso che garantisca e tuteli il principio: “da ognuno secondo le sue capacita’ ad ognuno secondo i suoi bisogni”.
Gli Operai qui riuniti si impegnano dunque a riavvicinare tanti operai alla teoria rivoluzionaria, ai concetti chiave che sono stati o smantellati o revisionati da altre classi sociali piccolo-borghesi, che poi ne hanno fatto “teorie” ad uso e consumo dei centri-studi dei loro partiti “rivoluzionari” con prosa e poesie assortite, dal trotskismo al maoismo, senza segno di classe alcuno, se non il loro, che oscillano continuamente tra i 2 grandi campi nemici; quello degli operai e quello dei grandi borghesi. E’ per noi fondamentale trasformare l’ultimo operaio di catena, dimenticato, in un fervente combattente cosciente di classe. Operai quello che vogliamo proporre qui e’; come affrontare con stile “nuovo” vecchi problemi; Come affrontare la politica del sindacato, che non sia il fuori e contro, o il sopra, sotto o di fianco? Certo ci vorrebbe una corrente sindacale propria degli operai, pero’ intanto secondo Noi intanto vanno sistematizzate le nostre forze, sviluppare tante nostre intuizioni, da qui in avanti dibatteremo, idee, ecc ecc…
Per Noi L’emancipazione degli operai ad opera degli stessi non e’ quindi rimandato ad un futuro incerto, intanto facciamo gli “affari” nostri, o stiamo in organizzazioni che non ci rappresentano? assolutamente no, il contrario, per Noi parte da qui, da oggi; la tracce di lavoro sono senza dubbio la riaffermazione con la nostra presenza e partecipazione attiva, di alcune grandi concentrazioni operaie, di un movimento di emancipazione ad opera degli stessi che non rivendica una illusoria “riapertura di fabbriche” e “creazione di posti di lavoro“, ma che ponga, all’interno di un contesto di lotta di classe degli operai, obiettivi volta a volta piu’ ambiziosi, dalle assemblee volanti a quelle piu’ strutturate, volantini, scioperi, fino ai picchetti e manifestazioni generali di piazza. Un’organizzazione flessibile nei “metodi” ma inflessibile sui principi, costituita da operai e da coloro che li sostengono, che miri a legare altri operai a questo movimento “amplificatore” di un organizzazione di critica e di lotta che inevitabilmente va a rompere con le liturgia o il conflitto mimato.
Un’organizzazione viva (nella pratica) e pensante (in proprio nella teoria), che accumuli forza tra gli operai in vista di grandi rotture con le strutture dei padroni, dei borghesi, degli sfruttatori. Il Dibattito si apre, con l’approvazione della relazione principale. Ci aggiorneremo periodicamente in Assemblea Plenaria, per sottoporre a verifica difficoltà e punti di forza riscontrati nell’attività, il lavoro diventa ora quotidiano e capillare nelle fabbriche dove siamo presenti.
Estratto finale Relazione principale della Assemblea Operaia in Modena 6 aprile-15 Maggio 2013
compagni la vostra posizione e’ pienamente condivisibile,a fronte di innumerevoli volte che,siamo stati ingannati e truffati da coloro che dovevano tutelarci. La vostra presa di posizione dimostra,se ancora ce ne fosse bisogno che,la classe operaia e’ una classe cosciente e rivoluzionaria,la sola classe che,potrebbe opporsi con successo all’elite europea e mondiale globaliste.Contunuate nella costruzione dell’apparato che vi siete dati e avete la mia solidarieta’ e se concessa la mia disponibilita’!