La 18ma vittima
Verità giudiziaria, verità politica, verità storica.
Così, schematicamente, potremmo raffigurare la dinamica sociale relativamente al consolidamento di una “narrazione” comune o, comunque, unanimemente condivisa.
Compito arduo nella repubblichetta “nata”dalla Resistenza ma che, proprio il “tradimento” di quei valori – ben rappresentato dall’amnistia ai fascisti concessa (nel 1946) da Togliatti (e dal PCI) in qualità di ministro della giustizia – ha portato agli eventi successivi culminati nella strage di piazza Fontana prima e nella, cosiddetta, strategia della tensione (ma qualcuno con lessico più appropriato la definisce “guerra civile a bassa intensità”) dopo.
Per quanto attiene Giuseppe “Pino” Pinelli una verità giudiziaria esiste ed è agli atti: malore attivo. Questo hanno stabilito i giudici per giustificare l’omicidio avvenuto la notte tra il 15 ed il 16 dicembre in Questura a Milano.
A guidare quella questura – nel 1969 – un ex fascista: Marcello Guida già direttore del confino di Ventotene fino all’otto settembre 1943 e reintegrato nelle funzioni e nello stipendio in tutti i governi successivi.
A questo punto una prima verità storica potremmo azzardarla. Nel 1969 ventiquattro anni dopo il 25 aprile 1945 gli (ex) fascisti continuavano a perseguitare gli (ex) Partigiani.
Ieri il sindaco Sala ha solennemente affermato una verità politica: dopo 50 anni ha riconosciuto in Pino – ferroviere, partigiano, anarchico e militante dell’Unione Sindacale Italiana – la diciottesima vittima di quella strage.
Comprendo le ragioni della famiglia Pinelli e sono empaticamente vicino a Licia, Claudia e Silvia che esprimono soddisfazione per aver conseguito un risultato, fino a poco tempo fa, impensato.
Ma la verità storica è un’altra cosa ed è quella che abbiamo urlato in tutte le piazze d’Italia.
Gli Anarchici non archiviano.
pasquale piergiovanni