BOMBE E MAFIA.
Ovvero:
LA “LIBERAZIONE” AMERICANA NEL ‘43: incontro con il prof. Natale Musarra.
In questi giorni si sta celebrando il 70° anniversario dello sbarco
degli alleati in Sicilia ed anche Gela si è accodata alla retorica. Sono celebrazioni che nulla hanno a che vedere con la realtà storica. Come Comitato No Muos di Gela noi siamo per una completa smilitarizzazione della Sicilia, e questi tributi all’esercito statunitense ci sembrano superficiali e guerrafondai.
L’esaltazione degli americani come popolo di eroi salvatori che hanno importato sigarette e democrazia, con un’esaltazione che volutamente dimentica il fondamentale ruolo dei partigiani italiani, è smentita dai fatti.
Stragi di civili e immani distruzioni hanno preceduto e accompagnato
la conquista dell’Isola. In soli tre mesi, dalla metà di aprile alla
metà di luglio del 1943, le “fortezze volanti” americane colpirono Agrigento 17 volte, Augusta 43, Caltanissetta 6, Castelvetrano 13, Catania 87, Comiso 12, Gela 12, Licata 19, Marsala 16, Messina 58, Palermo 69, Porto Empedocle 21, Pozzallo 12, Ragusa 27, Sciacca 10, Siracusa 36, Trapani 41, provocando decine di migliaia di morti.
E’ vero.
Tutte le guerre provocano eccidi, distruzioni, azzeramento
dei più elementari diritti. Tutti gli eserciti d’altronde servono a
uccidere, violare e umiliare le nazioni sconfitte. Ma i bombardamenti a tappeto degli americani, pianificati a tavolino fin dal 1931, dimostrarono una intenzionale e gratuita volontà di annientare la vita e terrorizzare la popolazione civile, con l’esclusivo scopo di fiaccare il morale delle truppe al fronte. Non si tratta di “effetti collaterali”, ma di veri e propri crimini contro l’umanità che, essendo perpetrati dai “vincitori”, non hanno mai conosciuto la giustizia dei tribunali e stentano a venir sottoposti al giudizio della storia.
Nell’ottica del terrore vanno comprese anche le fucilazioni
indiscriminate, di prigionieri e di civili (donne e bambini inclusi), che, dall’alba del 10 luglio 1943, costellano il territorio siciliano, da Gela ad Acate, da Vittoria a Castelvetrano, da Canicattì a Barrafranca e Santo Stefano di Camastra. Un censimento preciso non è mai stato effettuato. D’altronde, l’ordine di non fare prigionieri e di trattare i siciliani con mano d’acciaio era venuto, poco prima dello
sbarco a Gela, dallo stesso generale americano Patton.
Come non vedere nel successivo comportamento dell’esercito USA in Vietnam, in Afghanistan e in Iraq, nel modo inumano di trattare i prigionieri, nei bombardamenti che continuano ancora oggi a colpire le popolazioni civili, anche mediante aerei telecomandati dai radar di Niscemi e di Sigonella, una ripetizione di quella strategia terroristica?
Con quanta considerazione vengano poi trattate le popolazioni
“conquistate”, lo dimostra anche in Sicilia la leggerezza con cui si pose mano alla ricostruzione post-bellica, richiamando al potere vecchi arnesi della mafia e incrementando traffici illeciti e speculazioni di ogni genere.
Qui si apre un altro capitolo che avrà conseguenze che la Sicilia sta tutt’ora scontando.
Il 9 e 10 luglio siano dunque giornate di riflessione e di mobilitazione, per evitare che ovunque nel mondo si continui a soffrire delle desolazioni e delle infamie della guerra.